OCULARE
Il sito dedicato all'occhio, alle sue malattie ed alla sua cura
01 - camera posteriore
02 - ora serrata
03 - muscolo ciliare
04 - zonale ciliare
05 - canale di Schlemm
06 - pupilla
07 - camera anteriore
08 - cornea
09 - iride
10 - capsula del cristallino

11 - nucleo del cristallino
12 - processi ciliari
13 - congiuntiva
14 - muscolo obliquo infer.
15 - muscolo retto inferiore
16 - muscolo retto mediale
17 - vasi retinici
18 - disco ottico
19 - dura madre
20 - arterie centrali retiniche
21 - vene centrali retiniche
22 - nervo ottico
23 - vene vorticose
24 - fascia bulbare
25 - macula
26 - fovea
27 - sclera
28 - corioide
29 - muscolo retto superiore
30 - retina



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Occhio Organo della vista, sensibile alla luce e presente in molte specie animali. A seconda del livello evolutivo raggiunto in ciascuna specie, gli occhi possono essere semplici strutture, in grado di distinguere solo la luce dal buio, oppure organi complessi (come nell'uomo e in altri mammiferi) capaci di distinguere anche piccole variazioni di forma, colore, luminosità e distanza. La funzione dell'occhio è quella di tradurre le onde elettromagnetiche della luce in impulsi nervosi che vengono trasmessi al cervello mediante il nervo ottico.
Anatomia e Fisiopatologia del Bulbo Oculare
La quantità di luce che entra nell’occhio è controllata dalla dilatazione e dalla contrazione della pupilla. L'immagine luminosa, messa a fuoco sulla retina da cornea e cristallino, viene trasformata dai recettori della retina in impulsi nervosi diretti al cervello. La coroide, costituita da una rete di sottili vasi sanguigni, fornisce alla retina ossigeno e zuccheri. Le ghiandole lacrimali secernono una soluzione acquosa che elimina i corpi estranei dall’occhio e inumidisce la cornea. Il battito delle palpebre comprime e rilascia il sacco lacrimale, producendo un effetto di aspirazione che ne elimina l'eccesso.
L'occhio, o bulbo oculare, è una struttura sferoidale del diametro di circa 2,5 cm con una sporgenza pronunciata sulla sua superficie anteriore. La parte esterna è formata da tre strati di tessuto: il più esterno è la sclera, un rivestimento protettivo che ricopre circa cinque sesti della superficie oculare e che, nella parte anteriore, è in continuità con la cornea, trasparente e sporgente. Lo strato intermedio è la coroide, molto ricca di vasi sanguigni, che riveste i tre quinti posteriori del bulbo oculare ed è in continuità con il corpo ciliare e con l'iride che si trova nella parte anteriore dell'occhio. Infine, lo strato più interno è la retina, sensibile alla luce.
La cornea è una membrana trasparente, convessa in avanti, costituita da cinque strati, attraverso la quale la luce penetra all'interno dell'occhio. Dietro la cornea c'è una cavità (camera anteriore) che contiene un liquido trasparente e acquoso, l'umor acqueo, che la separa da una struttura, il cristallino, che rappresenta la "lente" dell'occhio.Il cristallino è una sfera appiattita formata da un gran numero di fibre trasparenti disposte in strati; è circondato dal muscolo ciliare, di forma circolare, a cui è collegato da alcuni legamenti. Insieme ai tessuti circostanti, il muscolo ciliare forma il corpo ciliare che, appiattendo il cristallino o arrotondandolo, ne Miopia e ipermetropia
In condizioni normali i raggi luminosi che penetrano nell’occhio vengono rifratti, cioè deviati, dal cristallino e messi a fuoco sulla retina. Se il bulbo oculare è troppo lungo, l’immagine si forma davanti alla retina (miopia) e gli oggetti lontani appaiono fuori fuoco. Se invece il bulbo è troppo corto, l’immagine cade dietro la retina (ipermetropia) e gli oggetti vicini appaiono sfuocati. Le stesse patologie si possono verificare quando i muscoli oculari non riescono a modificare la forma del cristallino per mettere a fuoco i raggi luminosi. Come si è detto sopra, nell'occhio la messa a fuoco viene ottenuta con l'appiattimento o l'arrotondamento del cristallino: tale processo viene chiamato accomodazione. In condizioni normali, l'accomodazione non è necessaria per vedere oggetti lontani. Il cristallino, appiattito dal legamento sospensore, mette a fuoco questi oggetti sulla retina. Per vedere oggetti più vicini, il cristallino viene progressivamente arrotondato dalla contrazione del corpo ciliare, che fa rilassare il legamento. Un bambino in tenera età riesce a vedere chiaramente a una distanza di soli 6,3 cm; con il passare degli anni, il cristallino gradualmente si indurisce, al punto che i limiti della visione da vicino sono circa 15 cm a 30 anni e 40 cm a 50 anni.Con l'avanzare dell'età, in genere si verifica una perdita della capacità di adattare gli occhi a normali distanze di lettura o di lavoro da vicino. Questo difetto della visione (presbiopia) può essere corretto con l'uso di lenti convesse per la visione da vicino. Altri difetti come l'ipermetropia e la miopia sono, invece, provocati da differenze strutturali nelle dimensioni degli occhi.
modifica la lunghezza focale, cioè la distanza alla quale esso mette a fuoco le immagini.
Disturbi della cornea e degli strati interni
I disturbi della cornea, che possono provocare la perdita della sua trasparenza e una riduzione della vista, sono solitamente conseguenti a una lesione, ma talvolta possono essere anche il risultato secondario di una malattia: ad esempio, il glaucoma può essere associato a un edema della cornea. La coroide, il rivestimento intermedio del bulbo oculare, contenente la maggior parte dei vasi sanguigni dell'occhio, è spesso sede di infezioni secondarie dovute a condizioni tossiche o a infezioni batteriche, come la tubercolosi e la sifilideE' possibile prelevare il tessuto corneale da persone decedute ed effettuare un trapianto in pazienti affetti da alcune malattie di questa parte dell'occhio. Ad esempio, la cecità provocata dall'offuscamento o dalla cicatrizzazione della cornea può essere talvolta eliminata attraverso la sostituzione chirurgica della porzione di tessuto corneale colpita. Con le tecniche attuali, questo tessuto può essere mantenuto in vita per 48 ore; esperimenti di conservazione delle cornee attraverso il congelamento, attualmente in corso, fanno sperare di poter estendere ad alcuni mesi la sua durata di utilizzo. In Italia si calcola che il tempo di attesa per i pazienti che devono essere sottoposti a trapianto di cornea sia di 8,5 mesi e che in un anno vengano effettuati circa 1500-1600 interventi, circa un terzo di quelli che sarebbero necessari. Una delle patologie della cornea che si risolvono mediante trapianto è il cheratocono, malattia in cui la cornea risulta deformata.
L'iride è una formazione circolare, pigmentata, localizzata dietro la cornea e davanti al cristallino; essa presenta un'apertura circolare al centro, la pupilla, le cui dimensioni sono controllate da un muscolo posto sul suo margine. Contraendosi e rilassandosi, questo muscolo fa allargare o rimpicciolire la pupilla stessa, controllando la quantità di luce che penetra nell'occhio.
Dietro il cristallino, il bulbo oculare contiene una sostanza gelatinosa trasparente, l'umor vitreo, racchiusa da uno strato membranoso sottile, la membrana ialoidea. La pressione dell'umor vitreo mantiene il bulbo oculare disteso.
La retina è una membrana fotosensibile, formata in gran parte da cellule nervose stratificate che poggiano, dal lato esterno della retina, su uno strato pigmentato. Queste cellule si distinguono, a seconda del loro aspetto e della loro funzione, in coni e bastoncelli e hanno differenti sensibilità ai colori e alla quantità di luce. I coni sono più sensibili ai colori e permettono un'alta acutezza visiva; i bastoncelli sono più sensibili dei precedenti alla luce e permettono la visione crepuscolare a scarsa acutezza visiva (con il termine acutezza visiva si intende la capacità di discriminare un oggetto; essa è tanto maggiore quanto minore è la distanza alla quale si percepiscono come separati due punti appartenenti a quell'oggetto).
Sulla retina, in perfetta opposizione alla pupilla, si trova una piccola zona elissoidale del diametro di circa 2,5 mm, di colore giallo, chiamata fovea centralis: essa corrisponde alla zona di massima acutezza visiva dell'occhio. Nella fovea le cellule fotosensibili sono rappresentate solo da coni. Intorno a essa sono presenti sia coni sia bastoncelli; procedendo verso la periferia della zona sensibile i coni si diradano e, all'estremità esterna, si trovano solo bastoncelli.
A causa della struttura nervosa della retina, l'occhio vede con la massima chiarezza solo nella regione della fovea. I coni permettono di distinguere dettagli fini, in quanto sono collegati singolarmente alle fibre nervose e pertanto gli stimoli diretti a ciascuno di essi vengono riprodotti in modo preciso. I bastoncelli, invece, sono collegati alle fibre nervose a gruppi; pertanto sono in grado di rispondere a stimoli ridotti ma diffusi, mentre non hanno la capacità di distinguere piccoli dettagli dell'immagine visiva. A causa di queste differenze, sia strutturali sia funzionali, il campo visivo dell'occhio è formato da una piccola zona centrale di grande nitidezza, circondata da una zona di nitidezza minore, in cui però la sensibilità alla luce è maggiore. La conseguenza di questo fenomeno è che gli oggetti risultano visibili di notte nella parte periferica della retina, mentre sono invisibili in quella centrale. I responsabili della visione diurna sono i coni, mentre alla visione notturna presiedono i bastoncelli.
Il meccanismo della visione comporta la sensibilizzazione delle cellule della retina da parte di un pigmento fotosensibile che nei bastoncelli prende il nome di rodopsina, nei coni iodopsina. Per la produzione della rodopsina è necessaria la vitamina A. Per tale motivo, una carenza alimentare di questa vitamina può provocare problemi della visione notturna (emeralopia). La rodopsina viene inattivata per azione della luce e deve essere riformata dai bastoncelli in condizioni di oscurità; quindi, l'effetto che si avverte passando dalla luce del sole a una stanza buia, quando non si riesce a vedere nulla, è dovuto al fatto che le nuove molecole di rodopsina non sono ancora disponibili. Quando il pigmento si è formato e gli occhi sono diventati sensibili ai bassi livelli di illuminazione, si dice che la vista si è adattata all'oscurità.
Con il termine di fondo dell'occhio si intende la regione interna posteriore del bulbo oculare che si può osservare attraverso la pupilla mediante un oftalmoscopio. L'immagine che si ottiene visualizza una porzione della retina e, per trasparenza, i vasi sanguigni della coroide, cioè dello strato esterno alla retina. In particolare, la regione osservabile comprende la papilla (zona ovale gialla a destra), ovvero il punto in cui le fibre sensoriali si riuniscono e fuoriescono dal bulbo oculare formando il nervo ottico; questa piccola area è detta punto cieco perché è priva dei recettori visivi. Da essa si irradiano i vasi provenienti dall'arteria e e dalla vena centrale. Inoltre, è visibile la macula, zona in cui si ha la massima visione (zona ellittica al centro dell'immagine).
Il fondo dell’occhio, o fundus oculi, corrisponde alla regione interna posteriore del bulbo oculare e comprende una porzione della retina, la papilla, la macula e, visibili in trasparenza, i vasi sanguigni che perfondono la coroide. Il fundus è osservabile attraverso la pupilla mediante un oftalmoscopio. Costruito nel 1850 dallo scienziato tedesco Hermann von Helmholtz, questo strumento si basa sulla capacità del fondo dell’occhio di riflettere una luce incidente proiettata su di esso da una opportuna sorgente. È costituito da uno specchio concavo (collocato davanti all’occhio del paziente con la concavità rivolta verso di lui, munito di un forellino centrale che permette al medico di guardare attraverso la pupilla del paziente; un fascio di luce, proiettato verso lo specchio concavo, si riflette verso il fondo dell’occhio, che lo riflette a sua volta. La pupilla viene mantenuta dilatata con l’instillazione di specifici colliri (detti midriasici).
L’esame del fundus fornisce informazioni preziose non solo in ambito oculistico, ma anche sullo stato di salute generale del paziente. In particolare, permette di diagnosticare il diabete, anche quando non vi siano disturbi di rilievo. Infatti, questa malattia determina una tipica sintomatologia a carico dei vasi sanguigni dell’occhio; si riscontra, in particolare, una microangiopatia, cioè l’indebolimento e la deformazione dei capillari, e la formazione di rigonfiamenti ( microaneurismi) e piccole emorragie.
Anche l'umor vitreo, il liquido presente nella camera più grossa dell'occhio, può essere conservato: esso viene utilizzato nella terapia del distacco di retina.

Lo strato esterno di pigmento bruno su cui poggia la superficie esterna della retina protegge i coni da un'eccessiva esposizione alla luce. Se una luce intensa colpisce la retina, i granuli di questo pigmento migrano negli spazi intorno ai coni, rivestendoli e formando uno schermo protettivo contro la luce e a La retina, che si trova poco sotto la coroide, è soggetta allo stesso tipo di infezioni. Inoltre, può essere la sede di altre affezioni. La fibroplasia retrolentale è una malattia tipica dei neonati prematuri che provoca il distacco della retina e parziale cecità; la sua causa è sconosciuta, anche se sembra essere associata ad anomalie dei vasi sanguigni. Il distacco di retina si verifica spesso a causa di un trauma oculare, ma può essere anche conseguente a un intervento per la rimozione di una cataratta. A volte, per fissare nuovamente sull'occhio una retina distaccata, si usa il raggio laser.
Un'altra malattia retinica, la degenerazione maculare, che colpisce la parte centrale della retina, rappresenta una causa frequente di perdita della vista negli anziani.
Il nervo ottico contiene le fibre nervose retiniche che portano gli impulsi nervosi al cervello. La circolazione retinica avviene attraverso l'arteria e la vena centrale della retina, poste nel nervo ottico. L'infiammazione della parte del nervo ottico posta nell'occhio viene detta nevrite ottica o papillite; quando l'infiammazione colpisce la parte del nervo ottico posta dietro l'occhio, la malattia viene chiamata nevrite retrobulbare. In presenza di tumori cerebrali, si può verificare un'aumento della pressione sanguigna nel cervello che determina gonfiore nel punto in cui il nervo entra nel bulbo oculare (papilla oculare); questa condizione prende il nome di papilledema. Nel punto in cui il nervo ottico penetra nel bulbo oculare si trova una piccola zona rotonda di retina priva di cellule fotosensibili, la papilla ottica, che rappresenta il punto cieco dell'occhio.
Movimenti oculari
Perché un oggetto sia a fuoco, la sua immagine deve cadere nella regione della fovea, al centro della retina. Per questo motivo la posizione del bulbo oculare è regolata da sei minuti muscoli, che si coordinano per spostare gli occhi in alto, in basso, verso l'interno, verso l'esterno e in senso circolare, consentendo la messa a fuoco di circa 100.000 punti diversi del campo visivo.
Non è possibile accorgersi che il proprio campo visivo è formato da una zona centrale nitida circondata da una zona di sfocatura crescente, perché gli occhi sono in costante movimento e portano nella regione della macula prima una parte del campo visivo e poi un'altra, spostando continuamente l'attenzione da un oggetto all'altro. Questi movimenti vengono prodotti da sei muscoli che spostano il bulbo oculare in alto, in basso, a sinistra, a destra e in senso obliquo. I movimenti dei muscoli oculari sono molto precisi: è stato stimato che gli occhi possono essere mossi per mettere a fuoco non meno di 100.000 punti distinti del campo visivo. I muscoli oculari, lavorando insieme, hanno anche l'importante funzione di far convergere entrambi gli occhi sullo stesso punto, in modo che le immagini percepite dai due occhi coincidano. Quando la convergenza è difettosa o assente si verifica un difetto della vista noto come diplopia, in cui le immagini appaiono sdoppiate. Il lavoro dei muscoli oculari garantisce anche, permettendo il continuo spostamento degli occhi, la fusione delle immagini da essi percepite, la valutazione visiva delle dimensioni, della tridimensionalità e della distanza dell'oggetto osservato.
L'occhio possiede altre strutture che svolgono funzione protettiva e sono localizzate esternamente al bulbo oculare. La più importante è costituita dalle palpebre, una superiore e una inferiore: queste sono due pieghe rivestite da cute verso il lato esterno e da mucosa verso quello interno. Le palpebre possono chiudersi per azione dei muscoli, in modo da coprire il bulbo oculare e proteggerlo dall'eccesso di luce o da lesioni meccaniche.
Le ciglia, una frangia di corti peli che crescono sul margine delle palpebre, fungono da schermo, tenendo lontane le particelle di polvere e gli insetti quando le palpebre sono parzialmente chiuse.
All'interno delle palpebre si trova la congiuntiva, una sottile membrana protettiva che riveste anche la parte visibile della sclera.
Ciascun occhio è dotato, inoltre, di un organo a secrezione esterna, la ghiandola lacrimale, posto al suo angolo esterno. La secrezione salina di queste ghiandole lubrifica la parte anteriore del bulbo oculare quando le palpebre sono chiuse, eliminando eventuali particelle di polvere o altre sostanze estranee presenti sulla superficie dell'occhio. Normalmente, nell'uomo, le palpebre si chiudono per azione riflessa ogni sei secondi circa; tuttavia, se la polvere raggiunge la superficie dell'occhio e non viene asportata con un lavaggio, le palpebre si chiudono più spesso, determinando un aumento della produzione di secrezione lacrimale. Sul bordo delle palpebre si trovano, inoltre, numerose piccole ghiandole (ghiandole di Meibomio o tarsali): esse producono una secrezione untuosa che lubrifica le palpebre e le ciglia.
Le sopracciglia, poste una sopra ciascun occhio, hanno la funzione di assorbire o deviare il sudore o la pioggia e di impedire che l'umidità finisca negli occhi.
La cavità del cranio in cui si trova l'occhio si chiama orbita: i suoi margini ossei, l'osso frontale e l'osso zigomatico, proteggono l'occhio da eventuali lesioni provocate da colpi o collisioni.
La malattia più comune della palpebra è l'orzaiolo, un'infezione dei follicoli ciliari, cioè dei follicoli piliferi della cute del margine palpebrale dai quali si sviluppano le ciglia. L'infezione viene di solito provocata da batteri stafilococchi. Gli orzaioli che compaiono all'interno delle palpebre, e non sul bordo, sono invece determinati da infezioni delle ghiandole lubrificanti di Meibomio: essi spesso diventano cronici e danno luogo a noduli fibrosi, generando una patologia nota come calazio.
Gli ascessi palpebrali possono essere una conseguenza di ferite penetranti. Talvolta, alla nascita, sono presenti difetti congeniti delle palpebre, tra cui il coloboma, o palpebra fissurata, e la ptosi, l'abbassamento della palpebra superiore; il coloboma può interessare anche altre strutture dell'occhio come l'iride, la cornea e la retina. Un altro difetto che può essere congenito oppure secondario a traumi è la mancanza del cristallino, condizione definita con il termine di afachia.
Tra i difetti acquisiti ci sono il simblefaro, un'aderenza della superficie interna della palpebra al bulbo oculare, generalmente conseguente a ustioni. L'entropion, il rivolgimento della palpebra all'interno, verso la cornea, e l'ectropion, il suo rivolgimento verso l'esterno, possono essere causati da cicatrici o da contrazioni muscolari spastiche, conseguenti a un'irritazione cronica e sono molto frequenti in tarda età. Le palpebre sono soggette anche a varie malattie dermatologiche, come l'eczema e l'acne, e a tumori, benigni o maligni. Un'altra malattia oculare frequente è l'infiammazione della congiuntiva, la mucosa che ricopre l'interno delle palpebre e l'esterno del bulbo oculare.